Omicidio della valigia, prime ammissioni: “Soffocato per impedirgli di urlare”

Omicidio della valigia, prime ammissioni: “Soffocato per impedirgli di urlare”

La confessione di uno dei cinque adolescenti cinesi fermati a Prato per l’uccisione di un ventenne a Modena: “La situazione ci è sfuggita di mano”

di Paolo Nencioni

PRATO. «Mentre i miei amici lo tenevano fermo io gli ho messo un cuscino in faccia per impedirgli di urlare». È questo il passaggio centrale della confessione offerta agli inquirenti dal diciassettenne cinese accusato, insieme ad altri quattro coetanei, tutti residenti a Prato, di aver ucciso il ventenne Hu Congliang nel pomeriggio di sabato 25 novembre nella sua abitazione di Modena, prima di metterlo in una valigia nel goffo tentativo di disfarsi del corpo.

È una confessione che la Procura presso il Tribunale dei minorenni di Firenze legge come un’ammissione di premeditazione, ma sulla quale gli avvocati difensori (tra cui Gabriele Terranova, Tiziano Veltri, Gianandrea Rosati e David Madera) hanno dato battaglia a Firenze già in sede di convalida di tre dei quattro fermi eseguiti tra domenica e lunedì a Prato. Il quinto ricercato, un sedicenne (e non un ventenne come era stato detto in un primo momento), si è presentato lunedì notte in Questura coi suoi avvocati e sul momento non è stato arrestato, ma successivamente è scattato il fermo anche nei suoi confronti perché considerato il “palo” della banda . Ha detto di essere andato insieme agli altri a Modena ma di non essere stato presente nella camera di Hu Congliang quando il giovane è stato ucciso.

La domanda a cui bisognerà rispondere è se i cinque adolescenti pratesi siano andati a Modena decisi ad ammazzare il ventenne che minacciava il suo fidanzato di rivelare la sua omosessualità diffondendo foto inequivocabili, oppure se la situazione sia loro sfuggita di mano, come ha detto agli inquirenti un altro diciassettenne membro del gruppo nella seconda e ultima (per ora) dichiarazione confessoria. Gli altri due per ora stanno zitti e forse parleranno oggi davanti al giudice. Ma agli atti c’è anche un’intercettazione telefonica tra un membro del gruppo e il diciassettenne che ha confessato l’omicidio nella quale il primo accusa l’altro di avere esagerato, di aver premuto troppo quel cuscino sulla faccia del ventenne e di averli messi tutti nei guai.

Al primo fermato i poliziotti della Mobile di Modena sono arrivati grazie alla chiamata fatta sul telefono cellulare del morto per farsi aprire senza suonare al citofono e il capo della squadra mobile, Marcello Castello, ha parlato coi cronisti spiegando che «tutti e cinque hanno detto di non sapere l’italiano, ma noi crediamo il contrario. Sono tutti minorenni e si sono dimostrati assolutamente impassibili . Così come i genitori, che non sono stati minimamente collaborativi».

Descritti come ragazzi apparentemente normali, i cinque sospettati dell’omicidio in realtà sono molto meno integrati dei tanti coetanei che vivono in città. Il sedicenne che si è presentato in Questura lunedì notte, per esempio, risulta nato in Italia ma ha effettivamente molti problemi a esprimersi in Italiano, così come il più giovane del gruppo, che compirà 16 anni a dicembre e che viveva coi genitori in via Roma. Arrivato in Italia tre anni fa, ha avuto qualche problema in famiglia, è stato messo in una casa protetta per minori ma negli ultimi tempi se n’era allontanato. Il diciassettenne fermato in via Zarini, arrivato a Prato da un anno, quello rintracciato sabato sera dalla madre mentre piangeva su un marciapiede di via Pistoiese poche ore dopo l’omicidio, viene descritto come particolarmente introverso. Insomma, è la fotografia di un gruppo di ragazzi forse molto amici tra loro ma probabilmente con pochi contatti col resto della città non cinese.

Dall’esame delle chiamate e dei messaggi sul telefono cellulare della vittima la polizia ha stabilito che la frequentazione tra Hu Congliang e il diciassettenne che poi l’ha ucciso risaliva a non prima della scorsa estate. Al momento non ci sono elementi per dire che il ventenne di Modena avesse già condiviso le foto col fidanzato sul web o in qualche chat. Forse è bastata davvero la minaccia di farlo (nel tentativo di costringere l’altro a non interrompere la relazione) per decretare la sua fine. Se poi sia stato un omicidio premeditato o una “lezione” che è tragicamente sfuggita di mano al gruppetto di adolescenti, questo è ancora presto per dirlo.

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